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Oggi riparliamo di “C’è ancora domani”, un film italiano che sta battendo tutti i record: film italiano più visto dal 2020, vincitore del “Biglietto d’oro” dell’ANEC dopo neanche un mese in sala e già venduto in più di 15 paesi, europei e non.
Il film, presentato alla Festa del Cinema di Roma, sta avendo un successo di pubblico incredibile: ad oggi ha quasi raggiunto i 20 milioni di euro di incasso, una cifra record per il cinema nazionale. Ma come si spiega questo successo incredibile?
“C’è ancora domani” è un film capace di trattare un argomento forte come quello della violenza domestica bilanciando perfettamente dramma e commedia. La storia è ambientata nella Roma del ‘46 ma è ancora tristemente attuale: Delia (Cortellesi) è la moglie di Ivano (Mastandrea) e insieme hanno tre figli, Marcella e due ragazzi più piccoli. Ivano è un marito violento che picchia Delia e che la sottomette anche psicologicamente, dicendole continuamente di stare zitta, svalutando la sua opinione e il suo lavoro. Marcella è fidanzata con Giulio, ragazzo di buona famiglia, con cui si prospetta un bel matrimonio felice. Almeno finché Delia non inizia a vedere segnali preoccupanti. Il film può contare sulle grandi interpretazioni dei suoi protagonisti, su una colonna sonora potente, su un bianco e nero che richiama i grandi classici del Neorealismo ma soprattutto su una storia importante, impegnata e che fa riflettere.
Uno dei rapporti più importanti nel film è quello tra Delia e Marcella, un rapporto di amore-odio, di solidarietà in quanto entrambe donne ma anche di conflitto, perché Marcella non riesce a perdonare alla madre il fatto di farsi continuamente maltrattare senza reagire. Delia, con la sua condizione, si fa emblema della subalternità politica, sociale e fisica cui sono state costrette generazioni su generazioni di donne, condizione cui molte non potevano sfuggire e che oggi è forse diminuita ma non sparita del tutto. Questo è evidente quando si apre un giornale o inizia un telegiornale, dove quasi ogni giorno viene riportata la notizia di un nuovo, ennesimo, femminicidio. Ma se il femminicidio è l’epilogo tragico che fa notizia, ci sono anche tante donne vittime di quotidiane violenze fisiche e verbali, come quelle subite da Delia. Il film, ambientando la storia nel ‘46, mette una grande distanza temporale dalla nostra quotidianità, ma allo stesso tempo ci fa riflettere su di essa, su come certi comportamenti e modi di pensare non possano ancora considerarsi “cose d’altri tempi” perché ancora radicati nella nostra realtà.
Anche per questo è importante che questo film venga visto da tutti, non solo da platee prevalentemente adulte e femminili: perché questo film racconta la storia delle donne ma non è dedicato esclusivamente a loro. La violenza sulle donne infatti non è solo un problema delle donne che ne sono vittime, ma è un problema anche degli uomini che ne sono i colpevoli. Per sperare di arrivare a vivere in futuro in una società più giusta, più sicura e più rispettosa dei diritti delle donne però bisogna fare un grande lavoro sull’educazione, sia all’interno delle famiglie sia nel contesto scolastico. Anche per questo l’A.N.Co.Di.S.(Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici) ha lanciato una petizione per chiedere al Ministero dell’istruzione di finanziare la visione gratuita del film per tutti gli alunni delle scuole italiane. Il cinema infatti non è da vedere sempre solo come fonte di intrattenimento, può essere usato anche per stimolare il confronto e la riflessione su temi di attualità di grande importanza e un film come quello di Paola Cortellesi è perfetto per questo scopo.
Alberti Aurora