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In questi giorni è tornato in sala, dopo il suo trionfo agli Oscar, “Everything Everywhere All At Once” dei Daniels prodotto da A24, ormai la più importante casa di produzione indipendente d’America.
Il film ha vinto 7 statuette: miglior film, regia, sceneggiatura originale, attrice protagonista, attrice non protagonista, attore non protagonista e montaggio. Molto commovente il discorso di Ke Huy Quan alla cerimonia che da attore bambino presto dimenticato dal cinema è riuscito a tornare alla ribalta grazie a questo film e a vincere il suo primo Oscar come miglior attore non protagonista. Miglior attrice è Michelle Yeoh e miglior attrice non protagonista Jamie Lee Curtis.
“Everything Everywhere All At Once” è un film sulla vita, le scelte, i rimpianti, la famiglia e il multiverso: l’unione di componenti da dramma famigliare, commedia, fantascienza e arti marziali funziona e crea un film davvero particolare anche se forse non per tutti. Il film racconta la storia di Evelyn (Yeoh), una donna che gestisce una lavanderia a gettoni insieme al marito Waymond (Quan) e che vive una situazione familiare complessa: la lavanderia è tenuta sotto controllo dall’agenzia delle entrate, il marito sta cercando di chiederle il divorzio e la figlia cerca di far accettare a lei e al nonno la fidanzata. Quando la famiglia si reca all’agenzia delle entrate per parlare con l’ispettrice Deirdre (Curtis) tutto cambia: Waymond d’improvviso cambia personalità perché al suo posto arriva la sua versione di un altro universo, l’Alphaverso che spiega ad Evelyn che solo lei può salvare il multiverso dalla minaccia di Jobu Tupaki che è in realtà una versione alternativa della figlia di Evelyn e Waymond, Joy.
Tra nuove versioni di sè sbloccate con azioni assurde, combattimenti improbabili, outfit incredibili e salti tra universi si snoda un racconto che può apparire superficiale ma che in realtà ha anche una sua profondità, e racconta come ogni nostra scelta possa cambiare la nostra vita ma che non tutto quello che sembra bello lo è veramente; grande importanza è data anche ai legami familiari e alla capacità di comprendere e accettare chi abbiamo intorno per vivere al meglio tutti insieme. Per tematiche affrontate, è un film che sfida gli ormai classici film Marvel (con un racconto del multiverso decisamente migliore) ma lo fa in uno stile tutto suo, da molti definito poetico. Si può dire che è un film indipendente ma mainstream allo stesso tempo.
Il film ha al centro molte tematiche attuali e care a Hollywood e anche per questo, si dice, era destinato a tante vittorie (più che per reali qualità): nel film infatti il cast è quasi tutto asiatico e con un personaggio LGBT (rappresentazione), la protagonista è una donna comune che diventa un’eroina nonostante la vita non semplice (girl power), il marito è un uomo sensibile e fragile (no mascolinità tossica)…
Può darsi che alcuni premi fossero più che altro riparatori (come quello alla Curtis), resta il fatto che comunque la sceneggiatura è interessante (anche se forse si perde un po’ nella terza parte), il montaggio è pazzesco e gli attori sono stati veramente bravi: nota di merito per Stephanie Hsu, anche lei candidata come miglior attrice non protagonista, che sicuramente dopo questo film vedrà un salto di carriera dato che finora era nota solo per una parte ne “La fantastica signora Maisel”. Un premio che non è stato vinto dal film ma sarebbe stato meritato è quello per i migliori costumi, davvero stravaganti e ricercati.
In conclusione, il film è stata una delle sorprese della scorsa stagione cinematografica e chi ancora non l’avesse recuperato può approfittarne in questi giorni perché è certamente un film che merita di essere visto al cinema. Molti hanno criticato le tante vittorie di questo film non ritenendolo davvero così meritevole rispetto agli altri candidati: insomma non resta che vederlo e farsi la propria opinione.
Alberti Aurora