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È uscito già da un po’ di giorni al cinema, con una distribuzione a dire il vero molto limitata, il nuovo film di Alice Rohrwacher, “La chimera”, presentato in anteprima a maggio al Festival di Cannes.
Alice Rohrwacher è riconosciuta come una delle più originali registe italiane, rappresentante di un cinema d’autore solitamente amato dai festival ma oggettivamente disertato dal grande pubblico. Anche quando però il pubblico sembra interessato (sui social ad esempio sono molti gli elogi al film), la distribuzione limitatissima rende difficile la fruizione, condannando così il film a non raggiungere mai il grande pubblico e ad essere visto solo da chi già conosce l’autrice.
Il film segue le vicende di Arthur, interpretato da Josh O’Connor (“La terra di Dio”, “The Crown”), un rabdomante inglese che riesce a percepire la presenza di tombe etrusche nel sottosuolo dell’entroterra toscano. Arthur mette il suo potere al servizio di una banda di tombaroli che rivendono i reperti trovati sul mercato nero per guadagnarsi da vivere. Tutti i personaggi inseguono una propria chimera (ovvero un obiettivo irraggiungibile): se per la banda è la ricchezza, per Arthur è l’amore, il ricongiungimento con l’amata Beniamina. Questo desiderato incontro è un metaforico e letterale filo rosso che guida tutte le azioni di Arthur, moderno Orfeo alla ricerca della sua Euridice, attraverso quelle porte per l’aldilà che sono le tombe etrusche.
Il film ha un tempo del racconto lento, per permettere allo spettatore di conoscere il protagonista ma anche il gran numero di originali personaggi che gli ruotano attorno tra cui Flora, la madre di Beniamina, interpretata da una grande Isabella Rossellini e poi Italia, una donna che assiste Flora nella vita quotidiana e che sembra catturare le attenzioni di Arthur, almeno per un po’. Molto interessanti sono anche i tombaroli, che sono anche gli unici amici di Arthur, personaggi queer (nel senso originale del termine, ovvero stravaganti, eccentrici) che sembrano fuori contesto rispetto al paesino di provincia in cui vivono. Il film della Rohrwacher è una vera e propria poesia per immagini, che utilizza diversi formati di ripresa (dal 35 mm al super16 mm passando per il 16mm delle cineprese amatoriali) e una palette cromatica che rievoca perfettamente una sensazione di nostalgia e memoria di un tempo che non c’è più, un’Italia anni ‘80 in cui una banda di tombaroli viveva come in un romanzo d’avventura tra scavi illegali, fughe rocambolesche dalla polizia e traffico di opere d’arte.
Insomma “La chimera” è tutto meno “il classico film italiano”: è consigliato per chi sta cercando qualcosa di nuovo da vedere, una storia affascinante, ricca di personaggi originali, capaci di farci riflettere sull’importanza degli affetti e sul senso delle nostre azioni e quindi della nostra vita. Alice Rohrwacher si conferma un’autrice da seguire con interesse e attenzione.
Alberti Aurora