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Jesse Eisenberg di nuovo dietro la macchina da presa per raccontare una storia con tocchi autobiografici: un tour nei luoghi della memoria dell’Olocausto diventa metafora di un viaggio interiore per scoprire se stessi e fare i conti con le proprie personali sofferenze
David (Jesse Eisenberg) e Benjamin (Kieran Kulkin) sono due cugini americani che partecipano a un tour organizzato nei luoghi della memoria in Polonia, per scoprire di più sulle origini della loro famiglia ebrea e vedere la casa in cui aveva vissuto l'amata nonna Dory, venuta a mancare da poco. David e Benjamin sono due opposti: il primo è un uomo razionale, introverso, piuttosto ansioso; il secondo è estroverso, impulsivo e molto sensibile. Il viaggio sarà un occasione di confronto per i cugini, separati da scelte di vita differenti e da diversi dolori personali.
Jesse Eisenberg torna alla regia per questo film di cui è anche interprete e sceneggiatore - candidato all'Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Eisenberg ha inserito nel racconto diversi elementi autobiografici, in quanto anche la sua famiglia è ebraica di origine polacca. Quello che compiono i personaggi è un tour nei luoghi della memoria, che diventa metafora per un viaggio interiore tra le loro sofferenze personali.
L'idea del viaggio in Polonia è di David, che vuole così aiutare Benjamin, caduto in depressione dalla morte dell'amata nonna. Nessuno lo indovinerebbe mai vedendolo: è estroverso, sbruffone, carismatico e finisce per essere sempre al centro dell'attenzione. Questo suo carattere è in realtà un modo per farsi vedere dagli altri perché, come afferma, "a nessuno piace stare solo". David è il suo esatto opposto, più rigido e razionale, ansioso e solitario. Insieme formano la classica strana coppia, in cui quello "normale" è in imbarazzo per ciò che fa "lo strambo" e lo scontro dei caratteri genera continui dissapori e riavvicinamenti. L'imbarazzo di David però nasconde una certa invidia per un cugino che, malgrado le sue sofferenze, con la sua spontaneità è in grado di "illuminare una stanza" fregandosene dei giudizi altrui, cosa che a David non riesce assolutamente, trasformandolo in una figura sempre di secondo piano.
Il dolore del titolo è doppio, perché si riferisce a quello per l'Olocausto e a quello personale dei due protagonisti, ma soprattutto di Benjamin. Kieran Kulkin, fin dalla scena di apertura del film, ha negli occhi un'ombra di malinconia che rende subito chiara la solitudine del suo personaggio. In questo genere di film di solito il viaggio è un'esperienza trasformativa, da cui i personaggi escono cambiati. Qui invece se per David c'è il ritorno alla famiglia e alla quotidianità, ad attendere Benjamin c'è un'insostenibile solitudine, simboleggiata dalla riproposizione dello stesso struggente primo piano di inizio film. Proprio una settimana fa, Kulkin ha vinto l'Oscar al miglior attore non protagonista, rubando completamente la scena al suo co-protagonista che, come il suo personaggio, si fa notare meno e passa un po' in secondo piano.
In conclusione, quella raccontata da Eisenberg in questo film è una piccola storia che si avvale della grande Storia per imbastire una riflessione sul dolore personale e sulla sua validità, nonostante l'esistenza di "dolori più grandi" perché collettivi.
Alberti Aurora
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A Real pain posso dire che per me è sopravvalutato, bello certo ma non tantissimo. Bruno