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Da diversi giorni ormai è uscito al cinema uno dei film più attesi dell’anno, “Povere creature!” di Yorgos Lanthimos. Già vincitore del Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia e candidato a 10 premi Oscar, con un cast stellare e una storia sorprendente, “Povere Creature” sarà ricordato come uno dei film migliori di questa stagione cinematografica.
La storia è quella di Bella Baxter (Emma Stone), una donna che dopo essersi suicidata, viene riportata in vita da Godwin Baxter (Willem Dafoe), un chirurgo pratico di esperimenti sul corpo umano, che impianta il cervello del figlio mai nato della donna nella sua testa, rendendola allo stesso tempo madre e figlia. La premessa è molto vicina a Frankenstein, tanto che da molti la storia è stata definita come “Frankenstein al femminile”. In realtà però c’è molto di più. Col passare del tempo infatti Bella cresce, re-impara a camminare, a parlare, a ragionare, vuole vedere il mondo, si ribella all’autorità “paterna” e scopre l’(auto)erotismo: insomma mette in pratica il libero arbitrio che le è stato concesso alla sua creazione, senza più tutte le costrizioni e i pregiudizi imposti dalla società. Comincia così per Bella un intenso viaggio alla scoperta di se stessa e del mondo, che vede con gli occhi meravigliati e curiosi di una bambina che si trova dentro il corpo di un’adulta. Questa caratteristica la rende un personaggio particolare e intrigante, soprattutto agli occhi degli uomini, che la trattano nei modi più diversi: nel corso della storia, Bella incontra un campionario tragicomico di uomini, più simili a maschere per l’esagerazione a volte grottesca dei loro caratteri (il buono, il geloso, il padre, il cinico, il crudele), che hanno tutti in comune la tendenza a voler tenere Bella per sè e rinchiuderla con la scusa di proteggerla, un concetto che viene palesato perfettamente nella scena del ballo.
La sceneggiatura del film non è originale: è tratta, infatti, dall’omonimo romanzo del 1992 dello scozzese Alasdair Gray. L’autore nelle sue opere mescolava vari generi dalla fantascienza al fantasy, il tutto condito da un pizzico di surrealismo e di pungente critica sociale. Il film di Lanthimos trasporta perfettamente lo stile eclettico del romanzo a livello visivo e sonoro. Quando Bella inizia il suo viaggio intorno all’Europa, scopriamo insieme a lei un universo steampunk, dove convivono stile vittoriano e futuristico, abiti coloratissimi che mescolano ‘800 e anni ‘60 e scenografie fantasiose che sembrano uscite direttamente da un quadro surrealista. Se il lavoro di costumisti e scenografi è magistrale, non è da meno quello del compositore Jerskin Fendrix, capace di trasmettere con la musica le stesse curiosità, paura, sgomento e felicità provate dalla protagonista nel corso del suo viaggio.
Si è parlato di trama, scenografie, costumi e musica, ma gli attori? Semplicemente da Oscar. Emma Stone si conferma un’attrice straordinaria, in quello che è forse uno dei ruoli più impegnativi della sua carriera: è capace di raccontare la crescita del suo personaggio attraverso il movimento del corpo e i discorsi, che cominciano sconnessi per diventare poi sempre più articolati. L’attrice continua a dimostrare anche il suo grande talento comico impersonando una donna che, non sottostando alle imposizioni della “buona società”, diventa automaticamente un elemento esterno capace di commentare ironicamente e far vedere anche a noi spettatori gli aspetti più assurdi della società in cui siamo immersi: con una protagonista così originale e fuori dagli schemi, curiosa e capace di stupirsi ancora di ogni cosa, anche lo spettatore per un po’ si immedesima in lei e si lascia stupire dal mondo fantastico e bizzarro raccontato nel film. Co-protagonisti di Emma Stone sono Willem Dafoe, nel ruolo di inventore della “creatura” che si trasforma sempre più in un padre per una figlia, e poi Mark Ruffalo, avvocato eccentrico (a dir poco) con cui Bella inizia il suo viaggio nel mondo e nella sessualità, che offre una performance decisamente sopra le righe, la definizione da dizionario di tragicomico.
Pochi sono i film che fanno ridere e pensare tanto allo stesso tempo, e “Povere creature!” è tra quelli. Tra una battuta di spirito, un doppio senso e un’espressione disperata di Mark Ruffalo, si trovano anche riflessioni importanti sul libero arbitrio, sul ruolo delle donne nella società, sulla necessità di scoprire il nostro posto nel mondo mettendo sempre in discussione ciò che ci circonda e anche di tornare a scoprire il bambino che è in noi, per recuperare quella capacità meravigliosa che da adulti si perde, quella di lasciarci ancora sorprendere dal mondo.
Alberti Aurora