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Saverio Costanzo torna al cinema dopo dieci anni con il suo nuovo film “Finalmente l’alba”, uno dei progetti più costosi mai realizzati nel nostro paese, con un budget di quasi 30 milioni di euro e un grande cast internazionale, per raccontare luci e ombre della Cinecittà degli anni ‘50.
Dopo l’esperienza televisiva de “L’amica geniale”, Costanzo torna al cinema con una storia ambientata sempre negli anni ‘50 ma stavolta a Roma. La protagonista è Mimosa (Rebecca Antonaci), una ragazza innocente e un po’ ingenua, ventunenne e già promessa sposa a un ragazzo che piace più alla famiglia che a lei. La sua è una vita del tutto ordinaria, almeno fino a quando non entra a Cinecittà: come nel più classico dei copioni, mentre accompagna la sorella a una selezione per comparse per un kolossal americano, viene notata dalla star del film, Josephine Esperanto (Lily James), che la vuole subito sul set. A fine giornata Josephine, diretta a una cena con il suo co-protagonista Sean Lockwood (Joe Keery), e il suo amico Rufo (Willem Dafoe), offre un passaggio in macchina a Mimosa, che da quel momento si trova indissolubilmente legata a quei tre personaggi, con cui va anche a una festa in una villa popolata da un microcosmo di personaggi che ruotano attorno al mondo del cinema.
Buona parte del film si svolge nella villa dove Mimosa scopre la vera faccia - oscura, crudele, manipolatrice - di quelle star che tanto amava da spettatrice. Mimosa è soltanto un passatempo, un gioco, nelle mani di Josephine e Sean, che la usano per scatenare la gelosia l’una dell’altro. La festa raccontata da Costanzo omaggia chiaramente quella che si vede ne “La dolce vita” di Fellini, dove si mescolano sregolatezza, gelosie, capricci e momenti da incubo. Mimosa per gran parte del tempo resta ammutolita di fronte a ciò che vede, allo stesso tempo affascinata e impaurita da un mondo che da fuori sembra dorato ma che scopre essere marcio. L’ansia di Mimosa diventa concreta quando scopre che il luogo in cui si trova è la tenuta di Capocotta, di fronte alla quale il giorno prima è stato ritrovato il cadavere dell’aspirante attrice ventunenne Wilma Montesi, caso di cronaca nera realmente accaduto e mai del tutto chiarito, che diventa un monito per Mimosa del pericolo che sta correndo in quel luogo. Quando arriva finalmente l’alba, Mimosa esce da quella villa trasformata: si è lasciata alle spalle la sua innocenza e ingenuità e ha una nuova consapevolezza di sè e della sua forza; si rende conto di poter prendere in mano il suo destino, che prima invece sembrava solo subire passivamente.
Nel processo di scrittura di questo film Costanzo ha voluto raccontare troppe cose, non riuscendo così a dare una linea precisa al film. È allo stesso tempo un racconto di formazione, un film in costume sulla Cinecittà dorata degli anni ‘50, un dramma sui lati oscuri della fama con accenni a fatti di cronaca e persone realmente esistite che però non influiscono più di tanto sulla trama. Il trailer inoltre suggerisce una storia ancora diversa, quella della classica ragazza del popolo che con la sola forza della passione riesce a esaudire il sogno di diventare una star, trama ben lontana dalla reale storia del film. Nonostante i problemi sulla costruzione della trama, il film resta comunque da vedere per le grandi performance degli attori, tra cui l’esordiente interprete di Mimosa, e la grandiosa ricostruzione di un’epoca d’oro per il cinema italiano, quei mitici anni ‘50 quando Cinecittà era chiamata la Hollywood sul Tevere.
PER APPROFONDIRE:
Il regista ha dichiarato che in origine il film doveva essere dedicato alla storia di Wilma Montesi e al caso mediatico che ne è seguito, ma durante la scrittura ha deciso di prendere una direzione diversa facendo comunque un riferimento al fatto. Per approfondire questo caso di cronaca nera ricco di lati oscuri e capace di monopolizzare il dibattito pubblico per mesi, consiglio di vedere il video realizzato sul tema da Elisa True Crime in collaborazione con 01 Distribution, che ricostruisce il caso nei minimi particolari facendo riflettere anche sull’importanza di non dimenticare mai le vittime quando succedono casi di questo genere.
Alberti Aurora