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Giovedì scorso è uscito al cinema “The Holdovers - Lezioni di vita”, il nuovo film di Alexander Payne. Il titolo originale significa “quelli che restano”, perfetto per riassumere la storia dei protagonisti di questo film, costretti a restare a scuola durante le vacanze di Natale 1970.
Diciamolo subito, la storia raccontata nel film non è niente di originale: il rigido ed esigente professore di storia Paul Hunham, detestato da studenti e colleghi, è costretto a restare al college per le vacanze natalizie a sorvegliare gli studenti che non possono tornare a casa; insieme a lui restano la cuoca della scuola Mary Lamb e un gruppo di cinque studenti, che ben presto si ridurrano a uno soltanto, Angus Tully. Nonostante le premesse siano già viste, il regista riesce a raccontare in modo intelligente, sempre bilanciando risate e dramma, come i personaggi siano in grado, un po’ alla volta, di aprirsi agli altri mettendo in discussione tutti i loro pregiudizi, grazie al dialogo e alla condivisione di nuove esperienze. Nel corso della storia scopriamo che ognuno dei tre protagonisti ha alle spalle un passato più o meno traumatico e un presente non meno difficile, che inevitabilmente influiscono sui loro atteggiamenti individuali e quindi sull’idea che gli altri si fanno di loro.
Questi tre personaggi, abituati ad essere soli, si trovano riuniti per causa di forza maggiore e così, loro malgrado, formano un improbabile trio che pian piano si trasforma in una famiglia “scelta”, certo non senza difficoltà. In particolare sono Paul e Angus ad essere in contrasto, mentre Mary si ritrova ad essere come un ponte tra i due, cercando di mediare ai loro caratteri antitetici. Paul è un professore anziano, che ha passato tutta la vita dentro il college, diventandone parte integrante tanto che lui stesso afferma di non uscirne quasi mai. Angus invece è giovane, ribelle, ha voglia di viaggiare e fare nuove esperienze, perciò si sente inevitabilmente in trappola quando si ritrova “abbandonato” dalla famiglia e costretto a restare a scuola. Lo scontro tra i due, fondato sul contrasto generazionale e la ribellione, dà luogo ai momenti più divertenti del film. Col passare dei giorni il rapporto tra i due evolve, man mano che conoscono nuove cose l’uno dell’altro, e un viaggio a Boston, fatto passare per gita scolastica, fa venir fuori i segreti più intimi di entrambi.
Il film sta avendo un grande successo e questo si deve alla storia ma anche, sicuramente, alle ottime interpretazioni degli attori: Paul Giamatti, (di nuovo al lavoro con Payne vent’anni dopo “Sideways”), interprete di Paul, ha ricevuto il Golden Globe al miglior attore in un musical o commedia e Da'Vine Joy Randolph (Mary Lamb) ha ricevuto il Golden Globe alla miglior attrice non protagonista. Ma l’attore che dà la prova migliore è Dominic Sessa che, al suo debutto sul grande schermo, è riuscito a dare vita a un ragazzo problematico, ribelle e profondamente umano. Il film ha ricevuto decine di altri premi e nomination, e molti parlano già della possibilità che si porti a casa anche qualche Oscar.
Anche sul versante estetico il film è notevole. Non è solo ambientato negli anni ‘70, ma sembra proprio uscito da quegli anni grazie al font vintage dei titoli di testa, le dissolvenze incrociate, le zumate, l’effetto della pellicola 35 mm e, ovviamente, la colonna sonora. Nonostante l’estetica retrò, il film parla di tematiche sempre attuali quali i difficili rapporti famigliari, la depressione, il lutto e il conflitto generazionale; per citare il prof Hunham: “Non c’è niente di nuovo nell’esperienza umana.”
Alberti Aurora